“Mancano
solo tre Km per l’area pic-nic. Ancora un altro po’ e siamo arrivati. Qua dice
altri cinque Km…ma non erano tre poco fa?”
Mi chiamo Antonello, sono un ragazzo di ventisette anni e, 17
agosto, ieri sono arrivato in visita nella comunità “Opera di Maria Vergine e
Madre”. Dopo pranzo e con Padre Giuseppe, Andrea, le suore e le mamme con i
loro bambini ho partecipato ad una visita a sorpresa a sorella Lauretta, il
medico della comunità, impegnata in questi giorni a prestare servizio nella Asl
di Acerno, un paesetto completamente immerso nel verde degli Appennini irpini.
Il mio primo incontro con l’Opera è stato davvero
indimenticabile.
Sono venuto a conoscenza di questa Casa di accoglienza per l’infanzia e la maternità bisognose grazie ad una mia cara amica che è stata qui l’estate scorsa. Dopo qualche piccola difficoltà logistica o per meglio dire familiare (niente di grave) sono riuscito ad organizzarmi. Quindici giorni fa sono tornato da un’esperienza molto bella che ho vissuto su “quel ramo del lago di Como” o comunque da quelle parti. Sono partito da Salerno il sedici marzo di quest’anno per seguire un corso di formazione promosso da Cometa Formazione, una realtà assistenziale e ben radicata sul territorio di Como. Dopo un periodo di tre mesi di formazione ho scelto di fare un periodo di stage come educatore presso l’Associazione Cometa che si occupa di “ragazzi difficili”. Lo stage è durato un mese e mezzo e per me, al di là della valenza professionale, ha significato molto di più: in questo periodo ho avuto modo di conoscermi meglio ed il mio amore per Cristo è cresciuto. Prima della partenza andavo a messa ogni giorno, avevo momenti precisi che dedicavo alla preghiera e facevo le mie buone azioni e pensavo che tutto ciò bastasse ma una volta arrivato a Como è saltato ogni schema a causa degli impegni, cercavo di andare a messa subito dopo lezione ma arrivavo spesso troppo tardi, la mattina recitavo il santo rosario in autobus mentre andavo a lezione ma nonostante i cambiamenti ho sentito sempre e comunque la presenza e l’amore di Dio che mi accompagnava in ogni istante della giornata.
Mi sono accorto che Dio mi era vicino anche senza i miei
schemi e che guardava all’intenzione del mio cuore e al fatto che per me la
vera sofferenza era non poter andare a messa per dedicargli il tempo che io
ritenevo necessario. A metà giugno, con lo stage, mi ritrovo a cambiare
nuovamente ritmi e casa (da quando ero arrivato a Como vivevo al seminario…ma
la storia della casa è un altro intervento provvidenziale che vi racconterò
un’altra volta), finivo di lavorare troppo tardi e anche la possibilità di
andare a messa la sera era venuta meno. Dopo la prima settimana di stage volevo
fuggire via da quel posto che mi metteva troppo davanti alle mie fragilità e ai
miei limiti e credevo di non riuscire ad arrivare alla fine. Parlai col tutor
del corso, gli esposi le mie difficoltà e la mia intenzione di mollare ma,
attraverso di lui, Gesù mi ricordava che la parola “impossibile” non esiste e
che se avessi messo tutto nelle Sue mani non sarei rimasto deluso. Decisi di
continuare ma sentivo che mi mancava qualcosa e così una domenica sera
cominciai a pregare e chiedevo al Signore di illuminarmi ed indicarmi la
strada. All’improvviso ricordai che qualcuno mi aveva detto che nella zona dove
abitavo la messa del mattino era alle 7.30 ma, forse per paura di perdere
l’unico autobus che passava da quelle parti e forse soprattutto perché mi ero
impigrito, non avevo nemmeno considerato la possibilità di andarci. Decisi di
fare almeno un tentativo e scoprii che in realtà non solo facevo in tempo ma
che mi avanzavano anche più di cinque minuti. Con Lui dentro di me sentivo di
potercela fare. Ciò che gli chiedevo non era: “Signore ti prego oggi evitami
situazioni difficili” ma “Signore stammi vicino e nei momenti più duri sii Tu
la mia forza” e così è stato tanto che ho maturato la decisione di voler
dedicare la mia vita all’educazione dei ragazzi.
Ho capito che di ostacoli nella vita ce ne saranno sempre e che tutto ciò che bisogna fare è non avere paura e cercare di affrontarli non in vista di un risultato da dover raggiungere a tutti costi qui ed ora, ma con il desiderio di essere migliore e di raggiungere quella “perfezione” a cui ciascuno è chiamato. Il rischio a volte è quello di vivere la fede in un modo troppo spirituale e intimistico perdendo di vista la realtà. L’uomo è corpo e anima e la sua felicità viene dall’equilibrio tra i due generato dalla preghiera e dalle opere.
Antonello