APERTURA ANNO SACERDOTALE E
CHIUSURA
E
Il 19 giugno 2009 Il Papa, Benedetto XVI, ha indetto l’anno
sacerdotale in occasione del 150° anniversario del dies natalis del Santo Curato
d’Ars. Abbiamo modo di riflettere
in questo anno sull’ immenso dono che i sacerdoti costituiscono non solo per la
Chiesa, ma anche per la stessa umanità.
Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che
il buon Dio possa accordare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della
misericordia divina”
Parlava del sacerdozio come se non riuscisse a capacitarsi della grandezza del
dono e del compito affidati ad una creatura umana: “Oh come il prete è grande!... Se egli si
comprendesse, morirebbe... Dio gli obbedisce: egli pronuncia due parole e
Nostro Signore scende dal cielo alla sua voce e si rinchiude in una piccola
ostia...”.[4]
E spiegando ai suoi fedeli l’importanza dei sacramenti diceva: “Tolto il sacramento
dell'Ordine, noi non avremmo il Signore. Chi lo ha riposto là in quel
tabernacolo? Il sacerdote. Chi ha accolto la vostra anima al primo entrare
nella vita? Il sacerdote. Chi la nutre per darle la forza di compiere il suo
pellegrinaggio? Il sacerdote. Chi la preparerà a comparire innanzi a Dio,
lavandola per l'ultima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, sempre il
sacerdote. E se quest'anima viene a morire [per il peccato], chi la
risusciterà, chi le renderà la calma e la pace? Ancora il sacerdote... Dopo
Dio, il sacerdote è tutto!... Lui stesso non si capirà bene che in cielo”.[5]
Se comprendessimo bene che cos’è un prete sulla terra,
moriremmo: non di spavento, ma di amore... Senza il prete la morte e la
passione di Nostro Signore non servirebbero a niente. È il prete che continua
l’opera della Redenzione sulla terra... Che ci gioverebbe una casa piena d’oro
se non ci fosse nessuno che ce ne apre la porta? Il prete possiede la chiave
dei tesori celesti: è lui che apre la porta; egli è l’economo del buon Dio;
l’amministratore dei suoi beni... Lasciate una parrocchia, per vent’anni, senza
prete, vi si adoreranno le bestie... Il prete non è prete per sé, lo è per voi”.[6]
Il Curato d’Ars, nel suo tempo, ha saputo trasformare il cuore e la vita di
tante persone, perché è riuscito a far loro percepire l’amore misericordioso
del Signore. Urge anche nel nostro tempo un simile annuncio e una simile
testimonianza della verità dell’Amore: Deus caritas est (1 Gv 4,8).
Con la Parola e con i Sacramenti del suo Gesù, Giovanni Maria Vianney sapeva
edificare il suo popolo, anche se spesso fremeva convinto della sua personale
inadeguatezza, al punto da desiderare più volte di sottrarsi alle
responsabilità del ministero parrocchiale di cui si sentiva indegno. Tuttavia con
esemplare obbedienza restò sempre al suo posto, perché lo divorava la passione
apostolica per la salvezza delle anime.
Cercava di aderire totalmente alla propria vocazione e missione mediante
un’ascesi severa: “La
grande sventura per noi parroci - deplorava il Santo - è che l’anima si
intorpidisce” [30]; ed intendeva con questo un pericoloso
assuefarsi del pastore allo stato di peccato o di indifferenza in cui vivono
tante sue pecorelle