Agostino ci invita a gioire nel Signore, ad abbandonare la gioia che proviene dal mondo per immergerci in quella che viene da Dio. Se in noi c’è abbattimento, avvilimento e non gioia, è perché evidentemente cerchiamo, senza rendercene conto, una glorificazione da parte degli uomini e vogliamo emergere in qualche modo per farci notare dagli altri, proprio quello che Gesù evitava, soprattutto quando compiva miracoli e la folla voleva farLo Re.
La gioia nel Signore si esprime e ha la sua radice fondamentale nella volontà di compiere la Sua volontà e ha come frutto la pace. L’obbedienza alla volontà del Padre è il motivo della gioia profonda che alberga in Gesù: “il mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato”: Egli vuol dare a noi questo tipo di gioia. ” Vi lascio la pace, non come la dà il mondo Io la do a voi” sta proprio a indicare quella sintonia che Egli aveva con il Padre suo e che vuole sia anche la nostra. La gioia del mondo è inebriante, estasiante, ma pur sempre molto effimera e passeggera, superficiale, non raggiunge le profondità dell’anima, che invece ha sete di gioia infinita. Ma cos’è la gioia? E’ esultanza dell’anima. Cosa fa esultare l’anima? L’esultanza ha come punto di riferimento l’amore. L’amore è la forza che spinge a far vibrare, esultare l’anima e l’oggetto dell’amore non deve essere una realtà effimera se vogliamo un’esultanza continua, eterna. Se l’oggetto dell’amore è una realtà che finisce, anche l’esultanza, che ne deriva, finisce e ha come conseguenza la tristezza. L’esultanza che offre il mondo è destinata prima o poi a cessare perché, come dice San Giovanni, passa la scena di questo mondo. I beni di questo mondo appaiono degni di essere apprezzati come valori ma in realtà hanno in sé una radice di mortalità, sono destinati a perire con il tempo. Per questo chi si è impegnato per tutta la vita a raggiungere obiettivi terreni, si trova alla fine della sua vita con un po’ di polvere tra le mani, perché ha dedicato tutto il suo esistere a cose che in fondo non valeva nemmeno la pena considerare. Le realtà terrene, se amate di per sé, al di fuori di una ragione infinita ed eterna, non hanno ragione e motivo di essere considerate: vanità delle vanità, tutto è vanità.
Eppure il nostro spirito reclama l’infinito, desidera in
qualche modo qualcosa “per sempre”: un amore per sempre, una gioia per sempre,
una vita per sempre, un rapporto interpersonale per sempre, realtà commisurate
all’eterno. A questo desiderio interiore di infinito e di eternità corrisponde
una realtà ad un tempo tangibile e intangibile, percettibile e impercettibile,
che appare dai suoi effetti, perché con la ragione l’uomo considera le
meraviglie della natura e anche dello stesso genere umano, e ha ragione e motivo
di dire che c’è un Creatore, una Causa che rende possibile tutto ciò. Questa
stessa Causa, questo stesso Motore Immobile, come lo definisce San Tommaso,
questo stesso Principio senza principio, come lo chiamano i filosofi, scompare
di fronte allo spirito, e alle volte anche di fronte alla ragione, perché
lasciamo sviare dal fumo dei beni di questo mondo, soprattutto di quelli capaci
di procurare passioni tanto forti da instaurare vincoli e vizi che attanagliano
le stesse potenzialità dell’anima. Dobbiamo cercare dunque, in primis la verità
sulle realtà che ci circondano e che si lasciano scoprire dall’umile di cuore.
Chi propone questa verità è la Parola evangelica, ma in modo particolare è
Cristo, che si pone al di sopra di Buddha, di Confucio, di Maometto, con una
verità e una religiosità che schiudono il mistero dell’infinito e dell’eterno:
basta farne l’esperienza. Bisogna conoscere per amare, perché non si può amare
ciò che non si conosce. Quindi imparare ad amare, imparando a conoscere. E non
si può conoscere senza “sbattere” la testa sulla Parola di Dio, sulla Sacra
Scrittura, mezzo vivo, efficace, vivificante! Sbattere la testa sulla Parola di
Dio significa leggere, meditare, studiare e contemplare! Leggendo la Sacra Scrittura non entrano in noi semplici nozioni, lo spirito umano ha la possibilità di
recepire - come l’orecchio il suono, gli occhi la luce - le istanze supreme, la
voce suprema dello Spirito che aleggia nella Parola di Dio, nella Sacra
Scrittura. E’ un cammino che conduce dall’Antico Testamento al Nuovo Testamento
verso una novità di vita, che spinge a trasformarsi da uomo animale a uomo
spirituale, in sintonia con le esigenze interiori di un mondo di libertà, di
amore, di gioia, di semplicità, di pace.
Questo cammino dev’essere compiuto quotidianamente e in
maniera continua, perché, se per un verso è vero che siamo persone spirituali,
per altro verso siamo anche fatti di un corpo che risente delle proprie
fragilità ed è costretto a delle soste; non per questo, conosciuto Cristo, diventa
infedele al Suo Signore. Ricordiamo a tal proposito che Giobbe, provato
duramente nella carne da Satana, resta fedele al Signore. Egli si era prodigato
nella conoscenza della vita di Dio e dei figli di Dio, ha rispettato i
Comandamenti, si è dato tutto a Dio generosamente durante la sua giovinezza, ha
accumulato dei beni e, nel momento in cui essi sono venuti meno, non ha
maledetto Dio : ”il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome
del Signore”. E quando anche il sommo bene della salute gli viene tolto, alla
moglie che lo prende in giro e che tenta di farlo ribellare a Dio, risponde:-
“Come parla una stolta, così hai parlato tu”. Egli, infatti, aveva posto la sua
esultanza e le sue ragioni di vita in Dio, dalle cui mani ha ricevuto tutto.
Non ha mai identificato le realtà terrene con Dio, non le ha mai considerate
eterne, ma le ha valutate per quello che sono: realtà passeggere, relative. Le
realtà terrene, fossero anche le stesse persone a noi care, non sono Dio ma
fanno parte del Creato, vanno amate e rispettate in Dio e per Dio. E’ questa
la gioia nel Signore e l’amore per Lui.
La manifestazione della presenza di Dio nell’anima diventa allora il risultato quasi tangibile che siamo figli, perché lo spirito inabitante dentro di noi comincia a gridare: “Abbà, Padre”, e in questo richiamo di figlio al Padre e di Padre al Figlio entra finalmente la definitiva risposta che Gesù dà a tutti quando dice: il mio cibo è fare la volontà del Padre mio, Io non sono mai solo, ho con me il Padre, il Padre che mi ama. E di conseguenza entriamo in questo circolo di Amore del Figlio e del Padre: come il Padre ha amato me Io ho amato voi, voi siete in me Io in voi, diventiamo una sola cosa.
“L’anima mia magnifica il
Signore, e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore” Egli si manifesta
certamente, e scompare, attraverso quelle stesse opere delle Sue mani, l’opera
della Creazione. Spesso cala sugli occhi degli uomini una coltre, una cortina
fumogena dei beni tangibili, di ciò che si può vedere, si può toccare,
dell’immediato, con le promesse della tecnologia, dello scientismo e della
scienza futurista, con le opere delle proprie mani. Ma tutto questo dove
conduce? Non certamente all’eternità ma alla disperazione, perché quando i
frutti non sono bagnati e inzuppati dell’Amore divino, perdono di consistenza,
diventano vanità delle vanità, come dice Qoelet. E allora accogliamo pure le
realtà terrene, ma quando ci saranno tolte non dobbiamo rammaricarci perché è
Lui la ragione prima ed ultima della nostra vita, cioè Lui! Quando siamo
immersi in Lui, possiamo conoscere, e conoscendo amare, e amando esultare di
una gioia che non è un sentimento passeggero, ma una realtà duratura ed
eterna.. È Gesù che dà la gioia. Chi si allontana da Lui, come il giovane ricco
del Vangelo di San Marco, non trova più gioia, ma tristezza. La gioia sta nel
seguire Gesù, staccandoci dai beni terreni. La radice della vera gioia e della
vera esultanza sta proprio nel cercare il tesoro vero, la perla preziosa,
quella nascosta nel campo, che spinge a vendere tutto, a rinunziare a tutto,
per poter possedere questa meravigliosa Realtà: Gesù! È in Lui che sono
nascosti tutti i tesori, sono radicate tutte le conoscenze, è in Lui che sono
ed è possibile immergere tutte le cose, per ritrovarle nella casa del Padre,
per ritrovarle non più caduche, ma rivestite di eternità, come dono che il
Padre altissimo ci fa in Gesù Cristo Nostro Signore!
Padre Giuseppe