Meditiamo insieme 


                    

                    

Budda                     Oggigiorno un forte relativismo pervade le menti, si dice che tutte le religioni sono uguali  perché si basano tutte sul bisogno dell’uomo di dare una risposta religiosa all’esistere. C’è poi una corrente di pensiero, il razionalismo che pretende di abbattere tutto ciò che non è spiegabile o dimostrabile con la sola ragione, ritenendolo frutto di credenze o miti. Il razionalismo ha le sue origini nell’illuminismo e attualmente si sta manifestando proprio come una religione:- Io credo a tutto ciò che è razionale, che si vede e si tocca, che è calcolabile. Questo credo razionale pretende poi una fede e una prassi : lo scientismo.

L’uomo da sempre guardando il creato riconosce il suo disagio di fronte ad esso e all’inizio per spiegarsi la realtà ha creato idoli, costruito miti che però non saziavano la sua sete di verità.

Agli idoli ed ai miti uomini come Budda, Zoroastro, Confucio, ed asceti con esperienze forti di vita (guru, indù) hanno contrapposto la riflessione e  la meditazione, hanno proposto un cammino per liberarsi dal disagio di fronte alle realtà naturali e per realizzare l’unione con l’Assoluto (ascesi), un Assoluto che è un qualcosa di indistinto, nel quale si diluiscono tutte le realtà, come cucchiaini di zucchero nell’acqua. Anche i profeti biblici contestano gli dei – idoli falsi e bugiardi (Mosè distrusse il vitello d’oro), ma con una grande differenza. Innanzitutto i profeti sono tutti nello stesso spirito di fede, non fondano ciascuno per conto proprio tante religioni diverse ma si riferiscono in modo sorprendente ad un’unica realtà: Yahweh, Dio unico e personale a differenza dell’indistinto infinito in cui sfociano gli altri. Di più il profetismo è diverso dall’ascetismo. Il profeta non si è proposto di fare un cammino per raggiungere la divinità, ma è un uomo indaffarato nel suo quotidiano: Abramo, Davide, Osea  erano pastori, Samuele viene chiamato da Dio nella notte, Saul andava dietro le asine, Isaia dice di essere un uomo dalle labbra impure, Geremia  di essere giovane, Mosè di essere balbuziente, Amos era un raccoglitore di sicomori. Nella religione ebraica cristiana non troviamo i caratteri ascetici che portano a un’indifferenziazione, a un luogo comune di indistinto che va a finire nel nirvana, nella pace, ma portano laddove chi ti ha chiamato ti manda. E’ Dio che chiama uno, e in quell’uno chiama molti. Siamo un popolo di chiamati, un popolo di sacerdoti, re e profeti, siamo, quindi, chiamati come i grandi Profeti.

 

La chiamata è all’amore di Dio, come già Geremia disse: nelle mie ossa ardeva un fuoco che non riuscivo a spegnere: era il fuoco dell’Amore di Dio! Dunque siamo chiamati dall’Amore di Dio a rispondere al Suo amore. E il Papa, come già S. Paolo, ci spinge a volgere lo sguardo a Gesù crocifisso, perché è in Lui che si manifesta l’Amore di Dio. Dio chiama e attende una risposta. La risposta che Dio attende è quella di corrispondere al Suo amore, all’amore dei fratelli, al perdono. Dev’essere una risposta fattiva, piena, pregna, non formale, un esercizio continuo di amore: “amatevi gli uni gli altri come Io ho amato voi”.

L’amore che Dio ha impresso nei nostri cuori ci spinge a riflettere e a rispondere alla chiamata.

 I profeti sono dei chiamati che puntano il dito contro la falsità delle altre religioni. La purezza della religione viene mantenuta proprio da questi profeti che additano i mali, accusano all’interno della stessa religione la falsità, una religione vana, vuota. Questo profetismo c’è ancora oggi perché ci sono di quelli che con chiamata particolare anche nella Chiesa indicano un ritorno alla retta via, Essi sono un forte richiamo al Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo, che si concretizza in ragione e fede, fides et ratio, da una parte con la fede in Gesù, mediatore della nuova ed eterna alleanza,  con la ragione dall’altra, che non scarta la filosofia e tiene conto anche dello scibile umano. La concezione della nostra religione è questa: Dio viene direttamente in mezzo a noi, la sua presenza storica è il fattore più importante che ci possa essere. Ecco il motivo per cui Satana cerca di perseguitare i cristiani sin dal nascere: essi continuano ad essere testimonianza storica della Sua reale presenza nel mondo.

C’è chi afferma che comportandosi bene, si sta bene con se stessi e non c’è bisogno della religione. Allora c’è da chiedersi se si cerca il proprio benessere o la verità? Se cerchi il tuo benessere, cerchi ancora il tuo io, ma se sei alla ricerca della verità, allora non potrai fare a meno di ricercare Dio e di incontrarti con Gesù Cristo. L’incontro con Lui ti mette in condizioni di fare una scelta totale: o fai il cristiano o ti poni contro, “o con Me o contro di Me”, non puoi seguire la luce e le tenebre, la vita e la morte, devi essere fides et ratio. Il sano equilibrio sta proprio qui: nel rimanere stretti, come dirà San Pietro, a Gesù Cristo, Via, Verità e Vita,Verbo di Dio, a Dio che viene a cercare l’umanità e a chiamare ciascuno di noi.

 

E’ Gesù che attira a Sé con la forza dell’amore crocifisso, mette in condizioni di operare delle scelte radicali, non puoi servire due padroni, è un fatto misterioso ma reale, che non si impone con la scimitarra, né con la tecnica scientista, né con una forte esperienza mistica. Certe esperienze mistiche possono condurre lontano dalla retta via, nell’Apocalisse leggiamo di una donna che con il suo pseudo-misticismo traviava una intera Chiesa. Siamo chiamati da Dio, dal suo Amore, dalla predicazione apostolica. Gesù, il Buon Pastore, è venuto a raccogliere tutti i suoi figli. La mia chiamata non è diversa da quella del Papa, dell’eremita, a tutti rivolge lo stesso insegnamento, non imposto, non avulso dalla ragione, perché Dio è un Dio che è entrato nella nostra storia.

Nella chiamata di Dio, sia per il profeta che per noi, al principio sembra tutto bello, luminoso, splendido, ma mentre tu, chiamato da Dio nel e dal suo Amore, stai salendo e vai incontro alla Sua luce, entri nella inconoscibilità di Dio, ti accorgi che Dio è trascendente, è al di là di tutte le cose. Questa zona della inconoscibilità di Dio è la cosiddetta notte oscura, nella quale la trascendenza di Dio ci mette in condizione di smarrirci. A questo punto ecco l’ascesi, che ti prepara in seno alla chiamata ad affrontare anche  questo passaggio della notte oscura, in cui l’anima deve ricordare i prodigi del passato, come il popolo ebreo, deve ricordare i benefici che Dio ha elargito e credere, in quel buio pesto, che non è venuto meno l’amore del suo Dio. Il buio pesto è la Croce.

Come Gesù Crocifisso, l’anima deve continuare a chiamare nel buio pesto Dio con il dolce nome di  Padre, e concludere: - Nelle Tue mani affido il mio spirito, ho fiducia in Te.

Tutti noi cristiani, mossi dalla Grazia di Dio, siamo chiamati a guardare Colui che pende dalla croce, all’Amore concreto che Dio ci ha dato, cioè al Figlio Suo, che ci ha donato sino alla morte di croce per amore nostro. Cristo Crocifisso è la consegna dell’amore di Dio per noi.

 

Il cristiano, entrato nella porta che è l’Amore di Dio, simbolicamente il Costato di Cristo, effettivamente ed affettivamente, pensa di aver instaurato con il suo Dio una relazione interpersonale che non ha nulla da togliere o da aggiungere, crede che le cose così sono e così restano, ma proprio allora quando è entrato senza equivoci nella Luce e dice: - Sono del mio Sposo e lo Sposo è tutto per me-, diventa tutto oscuro, sembra che tutto sia perduto, non c’è più la Luce,  ma Dio, avvolto dalle tenebre, come dice il Salmo, attende la risposta!

Qualcuno potrebbe paragonare questa zona di inconoscibilità a quella delle altre religioni, perché anch’esse sfociano in una specie di inconoscibilità. In un certo senso è vero, questa tappa è comune, ma con una grossa differenza sia alla partenza che all’arrivo: alla partenza perché c’è Uno che ti chiama e quindi non è l’individuo che sale la montagna per rapire la conoscenza di Dio, è Dio che si fa conoscenza per l’uomo, in Cristo Gesù poi abbiamo il massimo della conoscenza divina.

Ma nella notte buia, l’anima dopo tutte le certezze che ha avuto, entra nello smarrimento completo, nell’assurdità anche di quello che ha creduto. E’ necessario allora in quel momento che cammini sulla base dell’esperienza che ha vissuto in precedenza,  e della fede nella Parola di Dio,  e creda che: -  anche se camminassi in valle oscura, non temerò alcun male perché Tu sei con me, Signore, il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza perché io cammino alla luce della tua Parola.

Nella notte oscura si deve fare più forte la nostra esperienza con la Parola del Signore, si deve fare più intensa la preghiera, specialmente la preghiera finale dell’anawim, del povero di Jahvè, che si affida a Dio, Padre buono, sicuro di quello che è stato, certo di quello che verrà. Questo abbandono è la chiave per aprire la porta dell’eternità e quella chiave è Cristo in compagnia del quale si muore e si risorge. Allora si dischiude all’anima la luce, la risurrezione e la vita.

La religione cattolica è uno stacco formidabile dalle altre religioni, perché dà una sterzata: non è più il cammino di una persona che vuole raggiungere la Divinità, una specie di Prometeo che va a rubare il fuoco agli dei, ma è Dio che ricerca l’uomo: è una religione rivelata discendente non è più l’Indistinto, ma è un Dio che chiama, che ti accoglie nella sua casa.

 

Un Tu di fronte ad un io che finalmente possono unirsi per sempre. Alle volte bisogna che nella notte oscura della fede si vada avanti a forza di remi, a forza di volontà, con sacrificio. Nell’ascesi cristiana si vede in lontananza la casa del Padre, il Cristo Crocifisso, e si va in cerca dello Sposo anche quando ci si accorge che lo Sposo che ci ha chiamato si è allontanato. Come lo Sposo del Cantico dei Cantici, lo si cerca ma non lo si trova, anzi si viene picchiati da quelli che ci stanno intorno e tutto perché lo Sposo se n’è andato, avendo noi resistito.

L’ascesi è salire giorno dopo giorno, è camminare senza l’appoggio di quelle componenti che hai sperimentato prima: la gioia di vedere lo Sposo, di camminare alla sua presenza, è camminare con la lampada della Sua Parola sulla stessa strada, anche se non troviamo nessun sostegno. Il Signore ci prende in braccio, come per quell’uomo che sulla riva del mare passeggiava con Dio e vedeva sulla sabbia le sue orme e quelle di Dio. Ad un certo punto vede solo due impronte, pensa di essere stato lasciato da solo e si lamenta con il Signore. Dio  gli risponde che le orme visibili appartenevano solo a Lui, perché - “ ti portavo sulle Mie braccia!” Ecco l’ascesi del cristiano: sale l’erta senza un conforto, in mezzo ai triboli, con la certezza della Parola che Dio l’accompagna. L’ascesi cristiana è una disposizione ad accogliere la croce nella propria storia: “chi di voi vuol venire dietro di Me, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua”.

 

 E sulla croce al momento estremo, fiducia estrema: “nelle Tue mani affido il mio spirito”.

L’abbandono fiducioso con le parole di Gesù “nelle Tue mani affido il mio spirito”, è preludio di luce, della luce della resurrezione, è un passaggio in compagnia di Gesù nel buio, per quanto dir si voglia, che sfocia nell’Amore di Colui che ci ha chiamati.

                                                                         

                                                                               Padre Giuseppe