Un raggio di luceDai banchi del santuario dei Santi Cosma e Damiano in Eboli, osservo un raggio di luce che penetra dai finestroni colorati e illumina il volto dei Santi medici, Cosma e Damiano, i cui occhi rivolti al cielo, trasmettono la presenza di Cristo. I Santi Cosimo e Damiano erano due gemelli, nati in Arabia da agiata e stimata famiglia. La madre, Teodata, rimasta vedova, il marito era stato ucciso perché non aveva voluto rinnegare la propria fede in Cristo, allevò i suoi cinque figli, affidandosi alla Vergine Maria, li curò personalmente, educandoli a sani principi morali e religiosi. Teodata è un esempio per le mamme di oggi in questi tempi difficili e lontani da Dio!  

I due fratelli decisero di intraprendere la professione medica nella loro patria per portare sollievo ai malati, nei quali vedevano l’immagine di Cristo. Essi non si limitarono a portare sollievo al corpo ma  infondevano amore, speranza e coraggio agli animi sfiduciati. La loro vita è un invito alla riflessione per i medici affinché non siano solo preparati  nell’arte medica, ma  anche nell’ascolto generoso e paziente dei malati. In ogni paziente c’è Cristo che viene a chiedervi aiuto! L’amore è la prima medicina e la preghiera illumina le menti a trovare la giusta soluzione per ogni malato che visitate.                                                                                                                 

  I nostri santi medici percorsero la Cilicia in lungo e in largo per soccorrere i fratelli sofferenti e alleviare le loro  pene, esercitando la medicina senza chiedere onorari. Sull’esempio di Gesù aiutavano    tutti, senza tener in alcun conto né la razza, né la religione, né il ceto sociale. I nostri santi medici non si arresero di fronte a niente, anche quando furono denunciati da perfidi uomini, catturati e imprigionati.  Furono flagellati a sangue dagli aguzzini, ma furono lasciati vivi, curati e condotti dal proconsole, Lisia. In carcere i santi pregavano Dio per avere perseveranza, pazienza e sopportazione nella prova e restare fedeli  a Cristo. Al sorgere del sole, furono condotti da Lisia per essere interrogati. Lisia chiese loro da dove venissero, chi fosse la loro famiglia, se avessero beni di fortuna, visto che gli avevano riferito che non si facevano pagare da coloro che curavano. I santi medici raccontarono tutta la loro storia, dichiarando di essere cristiani, di seguire gli insegnamenti di Gesù Cristo e di non seguire idoli fatti a somiglianza di uomini corruttibili. Lisia rispose che per aver salva la vita e risparmiarsi sofferenze, dovevano prestare giuramento allo spirito custode dell’imperatore, sacrificare alla vergine dea Artemide e maledire Cristo. I gemelli  furono fermi nel loro rifiuto e per questo furono frustati fino a casciarsi a terra e rinchiusi in prigione. Passarono molti giorni in prigione, soffredo la fame e la sete. Un giorno mentre le sofferenze e i patimenti aumentavano, un inserviente del carcere, segretamente cristiano, fece scivolare nelle loro mani una particola che un sacerdote aveva consacrato e offerto nel sacrificio della Messa Riacquistarono forza. Furono torturati e condannati a morte diverse volte: furono gettati nel mare, ma i gemelli furono tratti in salvo da due pescatori; furono messi a rogo, ma il fuoco non li bruciò,  uscirono illesi. Allora Lisia, essendo Cosma e Damiano bravi medici, propose loro, per aver salva la vita, di adorare assieme al loro Dio gli dei dell’immortale Roma. I Santi si rifiutarono, rimanendo fedeli a Cristo professarono la loro fede nell’unico vero Dio. Furono gettati ancora in prigione, ma non soffrirono molto perché erano sostenuti dal Pane Eucaristico che il giovane inserviente portava loro nel carcere. In cella continuavano a predicare  e a catechizzare. In seguito furono messi in prigione anche i fratelli dei due santi medici: Antimo, Leonzio ed Euprepio, arresti perché non volevano compiere sacrifici a dei falsi e bugiardi. Si ritrovarono tutti e cinque uniti nell’unica fede in Dio, e in prigione lodavano e ringraziavano Dio per ogni cosa. Infine furono condannati tutti e cinque da Lisia alla lapidazione, prima furono legati ad un palo, scherniti, torturati, colpiti con sassi e poi uccisi con un colpo di spada dopo che si baciarono tra loro. Un esempio per noi, affinché tutti i giorni, nel quotidiano restiamo saldi nella fede, anche quando siamo torturati, calunniati, perseguitati, danneggiati nella psiche, abbandonati dalle persone che vogliamo bene, rifiutati, gettati nell’acqua e nel fuoco della persecuzione, feriti nella nostra interiorità, emarginati a causa della Verità, non amati dagli uomini ma amati da Dio.

 

                                                                                                                                                                                                 Laura Mazzeo