Il vero digiuno

 

 

 

 

La Quaresima è un tempo in cui la Chiesa medita in modo particolare sulla passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo che, in obbedienza al disegno del Padre, ha operato la  nostra salvezza. Come ci ha ricordato il nostro amato Papa, il servo di Dio, Giovanni Paolo II: “ La Quaresima è occasione favorevole per un risveglio alla fede autentica, per un recupero salutare del rapporto con Dio e per un impegno evangelico più generoso. I mezzi a nostra disposizione sono quelli di sempre, ma ad essi dobbiamo fare più intenso ricorso in queste settimane: la preghiera, il digiuno e la penitenza, nonché l’elemosina, cioè la condivisione di ciò che possediamo con i bisognosi”. (Ud.28.02.2001)   In tanti ci si sforza di seguire questo itinerario spirituale, impegnandoci a compiere piccole rinunce quali ridurre il fumo, rinunciare al caffè, ai dolci, alle carni il venerdì ed altro.

 

                               Certamente questi “piccoli” atti di penitenza sono offerti al Signore con purezza d’intenzione e sincero affetto, ma chiediamoci è sufficiente limitarsi a questo?  Il Signore attraverso i profeti ci ammonisce:

 “Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari, angariate tutti i vostri operai. Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi e colpendo con pugni iniqui. Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore?“Che m’importa dei vostri sacrifici senza numero? poiché voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti.

( cfr. Isaia 58, 1-5; Isaia 1,1; Osea 6,6)

Dunque quale deve essere la nostra penitenza perché sia accetta al Signore e porti frutti di conversione? A questo proposito sempre il servo di Dio, Giovanni Paolo II, ci illumina spiegando il significato autentico di queste tradizionali pratiche, egli dice che: “ Non si tratta certo di mere osservanze esterne, di rituali adempimenti, ma di segni eloquenti d’un necessario cambiamento di vita( Ud. 08.03.2000). Cambiamento di vita sta per conversione, ossia andare nella direzione di Cristo, il quale “ci ha lasciato un esempio perché noi ne seguissimo le orme” (cfr. IPt 2,21).

 Gesù ci  ha dato l’esempio più eloquente offrendo la sua vita per noi, morendo sulla Croce per amore. Pertanto la chiave di svolta per la nostra penitenza è l’amore, è l’offerta di noi stessi. S. Paolo a proposito ci ricorda che “ Entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato.  Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato.  Allora ho detto: Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà… Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati…” ( cfr. Ebrei 10,5).  Gesù ha consegnato la sua volontà nelle mani del Padre perché si compisse, con l’offerta di Se stesso sulla croce, la nostra salvezza.

 

Nell’Orto degli Ulivi Gesù, nella sua umanità, ha sostenuto una dura lotta: “Come sopportare quell’atroce ed ingiusta sofferenza, nonostante la quale, molti non ne avrebbero approfittato?  Schiacciato dal dolore, Gesù ha pregato  “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice”  e nel dolore più profondo, nella solitudine più completa, associandosi all’amore redentivo del Padre, ha detto  “Padre sia fatta la tua volontà ”.

 Questo abbandono alla divina volontà lo ha sospeso sulla Croce, fra il “Cielo” e la terra.  Anche per noi deve essere così, dobbiamo consegnare al Padre la nostra volontà, perché Lui la diriga, e porti a compimento in noi il suo progetto, questa è la condizione necessaria per entrare a far parte della famiglia dei figli di Dio: “ Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” ( Mt 7,21).

Non basta credere perché, come dice S. Giacomo nella sua lettera, “anche i demoni credono e tremano, siamo chiamati a coniugare la fede nel Dio vivente con la pratica. Il nostro sguardo di fede non può rimanere, con la contemplazione, sospeso in alto, ma deve posarsi sui fratelli, proprio come ha fatto Gesù che è venuto ad abitare in mezzo a noi. “La fede opera per mezzo della carità”. L’amore per Dio genera spontaneamente la cura per il fratello, “Se uno dicesse: “Io amo Dio”, e odiasse il suo fratello, è un mentitore... chi ama Dio, ami anche il suo fratello. (1Gv 4,20)

Concretamente fare la volontà di Dio è adempiere i comandamenti, in particolare il comandamento della carità che “ è il vincolo della perfezione”.

La penitenza, dunque, sia improntata a realizzare in noi quanto il Signore ci invita a fare attraverso la sua Parola.

 

Nel giorno del nostro digiuno non vogliamo sentirci dire dal Signore: “ Voi digiunate tra litigi e alterchi”. Adoperarsi per un’autentica riconciliazione con la persona con cui abbiamo litigato potrebbe essere un’occasione per digiunare, dal nostro orgoglio per esempio.

 Certamente quando ci riscopriamo “innocenti” e con mille ragioni da vendere, riesce difficile mettere in atto questa penitenza. E’ opportuno allora fare una valutazione più accurata chiedendoci: ”Le nostre ragioni sono quelle di Cristo?”. Gesù ci richiama:Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono”. (Mt 5,23) L’offerta dunque è strettamente legata all’amore, alla misericordia, alla riconciliazione. Alle nostre pur buone ragioni, alla giustizia umana dobbiamo anteporre l’amore, il perdono. Non dimentichiamo che a tutti era ormai chiaro che le accuse contro Gesù erano infondate;  ”Non ho trovato in lui nessuna colpa” afferma Pilato, la  sua innocenza   era conclamata “Non avere a che fare con  quel giusto”    replicò la moglie del governatore, una pagana!                                      Gesù ha portato sul Calvario l’ingiustizia,                                inchiodandola sulla Croce e trasformandola in giustificazione per tutti. Ancora un esempio di penitenza: quella del rinnegamento di sé, del                           digiuno del proprio io.  ”Chi di voi vuol venire dietro di me rinneghi se stesso prenda la sua croce e  mi segua”.  Meditiamo e prendiamo  in seria considerazione le parole di S. Paolo che così scrive ai Romani: Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente,  santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalità di  questo secolo,ma trasformatevi rinnovando la vostra  mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12,2). Offriamo i nostri corpi quando siamo visitati dalla malattia, proviamo a deporre la nostra sofferenza ai piedi della croce di Gesù, perché l’accolga come partecipazione alle sue sofferenze e la trasformi in doni di grazia per tutti. Non conformiamoci alla mentalità di questo mondo che, dietro l’illusione di eliminare la sofferenze e il sacrificio che ne consegue, cerca la morte con l’eutanasia, con l’aborto considerandoli soluzioni per stare meglio. Dissociamoci da tutto ciò che ci allontana da Dio e dal Vangelo, “liberiamo la nostra libertà”  (V. S.  86) dai condizionamenti della cultura dominante del relativismo, del consumismo, della logica dell’apparire e del piacere a tutti i costi. Rinneghiamo le mode che vogliono farci “valere” se indossiamo un capo firmato e costoso, ricordiamoci che portiamo su di noi una firma prestigiosa, quella di Dio, che ci ha creati a sua immagine e somiglianza, unici ed irripetibili con la nostra personalità. Il nostro digiuno sia soprattutto dal peccato. Seguiamo l’invito che ci fa il Signore attraverso Isaia: “Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova”. La penitenza, il sacrificio non hanno valore in se stessi, è lo spirito, che ci anima, a valorizzarli. S P. Crisologo ci mette in guardia:“Quantunque ingentilisca il cuore, purifichi la carne, sradichi i vizi, semini le virtù, il digiunatore non coglie frutti se non farà scorrere fiumi di misericordia. Chi digiuna abbia misericordia”. Con la penitenza non paghiamo la nostra salvezza, ci è donata da Gesù :” Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la sua grazia” ( Tm 1,9)

Gesù, Parola operante del Padre, ci libera dall’osservanza sistematica della legge mosaica, con i suoi numerosissimi precetti, dando a questa un’anima, l’amore. È la fede in Gesù Salvatore che ci salva poiché, come dice S. Paolo ai Galati “ dalle opere della legge non verrà mai giustificato nessuno”(Gal 2,16)  e in lui, per lui, con lui operiamo nella carità.

Vorremmo poter dire, come il popolo israelita disse a Mosè,  “Tutti i comandi che ha dati il Signore, noi li eseguiremo! ”. (Es 24,3)  ma come loro sperimentiamo la fragilità e la debolezza, non sarà questo a fermarci, perché con S. Paolo diremo:quando sono debole, è allora che sono forte”. Attingiamo la nostra forza dal Signore che ci prende per mano e con pazienza ci dice: “Su, venite e discutiamo anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana”. (cfr. Is 1,18)  A noi solo l’impegno di consegnargli i nostri peccati e Lui provvederà a lavarli con il suo sangue.

Essere coerenti con la fede oggi rasenta l’eroismo, ma siamo fiduciosi! Quando dobbiamo raggiungere una meta ci incamminiamo lasciando dietro il punto di partenza, e durante il cammino sopportiamo la stanchezza, pensando al traguardo ormai vicino. La stessa cosa accade nella vita spirituale: per raggiungere “la meta” dobbiamo fare un percorso, il Calvario, qui incontreremo il “Cireneo”.

 

 Iniziamo, anche se per raggiungere il traguardo, dobbiamo metterci tutta la vita. “Per non venire meno “ nel cammino, dobbiamo approvvigionarci, nella bisaccia non manchino mai l’Eucarestia e la preghiera. Ma attenti a non presentare il conto al Signore come il Fariseo nel Tempio:- “Digiuno due volte la settimana e pago le decime…” Il nostro atteggiamento sia di abbandono fiducioso nel Padre, e come il pubblicano diciamogli:- “ Oh Dio, abbi pietà di me peccatore”, confidando nella sua misericordia.

La nostra preghiera sia la preghiera di Gesù: “Padre sia fatta la tua volontà, nelle tue mani consegno il mio spirito”.

                     

                                                    Sorella Elisabetta