Abbiamo visto come la religiosità e la  vita in Irlanda fossero influenzate e condizionate dalla dominazione britannica sin dal ‘500. Nel 1590 con la battaglia combattuta al fiume Boyne tra il re britannico di origini protestanti Guglielmo d’Orange e i cattolici irlandesi, gli inglesi imposero ancor più il loro dominio sulla verde, cattolica Irlanda. Ci vorranno circa quattro secoli di sfruttamento e sanguinose lotte prima che ventisei contee dell’Eire potessero dichiarare l’indipendenza dal Regno Unito e l’instaurarsi della repubblica nel 1921. Altre sei contee dell’Irlanda del Nord, l’Ulster, con capitale Belfast, rimangono ancora territorio britannico strenuamente difese dalla popolazione protestante lealista fedele al Regno Unito contro le posizioni della popolazione cattolica irlandese repubblicana che ambirebbe ad un’isola unita, indipendente e repubblicana.

 

Fino a circa dieci anni fa i sostenitori delle due parti si sono spesso fronteggiati con morti, feriti, attentati, arresti, e soprusi fino ad accordi politici che lasciano ben sperare ed al cessate il fuoco con consegna delle armi da parte delle organizzazioni terroristiche paramilitari coinvolte nell’annoso conflitto.

 Alle radici del
 cristianesimo in Irlanda   Oggi i muri di Shankill, a Belfast nord continuano a raccontare nei murales appena scoloriti una storia di fedeltà alla corona e di memoria dei paramilitari uccisi dalle bombe degli attentati e quelli di Falls Road continuano ad inneggiare ad un’Irlanda libera nel ricordo di Bobby Sands e dei suoi nove compagni morti a seguito di uno sciopero della fame nel 1973 per richiamare l’attenzione del mondo sulla questione irlandese e di Falls fanno parte del percorso del bus turistico a due piani da mostrare a chi visita la città di Belfast senza più paura.

   

                       “God bless Ireland!”, Dio benedica l’Irlanda, si legge sui muri non solo a Belfast, ma anche a Dublino dove nelle due cattedrali protestanti, Christ Church e St. Patrick’s si prega per la pace in Irlanda (alle 12 nei feriali a Christ Church) e la stessa intenzione di preghiera viene ricordata durante le messe nelle chiese cattoliche compresa la pro-cattedrale di S. Maria. Sembra strano, ma un paese cattolico come l’Irlanda non possiede nella capitale una cattedrale cattolica, ma una chiesa che insieme ad altre tre è sede dell’Arcivescovo Metropolita di Dublino dal 1152, ai tempi del papa Eugenio III. L’attuale Arcivescovo, mons. Diarmuid Martin, è il cinquantesimo in comunione con la sede apostolica di Roma. Il papa Giovani Paolo II visitò Dublino celebrando la messa di beatificazione di Margareth Ball e di Francis Taylor il 27 settembre 1992 nel Phoenix Park, il parco più grande d’Europa.

   Vorrei concludere parlando di una scultura dell’artista canadese Timoty Schmalz che dallo scorso 24 giugno si può vedere nella navata destra della pro-cattedrale. È dedicata al venerabile Matt Talbot nel 150° anniversario della nascita avvenuta il 2 maggio 1856. Matt Talbot visse tutta la sua vita a Dublino e fu ben presto vittima della dipendenza dall’alcool. Ad un certo punto, stanco di quella vita, fece un voto alla Madonna e visse nei quarantuno anni “asciutti” in modo esemplare ed eroico nella fede profonda sull’esempio dei primi monaci irlandesi. Morì il 7 giugno 1925 e fu dichiarato venerabile il 3 ottobre 1975. La scultura lo rappresenta in ginocchio, con le catene ai polsi che hanno un significato non solo simbolico della prigionia che vive chi è vittima di una dipendenza, ma il fatto che le portasse davvero in segno di penitenza e perché si considerava “schiavo” della Madonna.

Ai suoi piedi ci sono delle bottiglie vuote, ma anche una pipa, delle sigarette, una siringa e delle pillole, altri segni di dipendenza comuni ai nostri giorni. La Madonna abbraccia il venerabile alle spalle e lo tiene sotto il suo manto e dietro le due figure c’è la croce di Gesù Cristo. Matt Talbot, uomo apparentemente fragile, vittima della dipendenza, poi forte nella fede talmente da incatenarsi ad essa, eroica figura a cui guardare nelle nostre quotidiane dipendenze più o meno grandi.

 

                                                                       Prof. Antonella Palomba