La 
letteratura
all'Opera

 

 

 

II parteAbbiamo già detto che la letteratura, come del resto ogni manifestazione artistica dell’animo umano, è una nobile forma di comunicazione. Nobile perché più curata, più ricercata, più riflettuta, e per questo meno “veloce”, per così dire, della comunicazione verbale che caratterizza i nostri rapporti umani quotidiani. Questo non vuol dire che cambino i contenuti, ma la letteratura e l’arte approfondiscono il retroterra umano e sentimentale che si nasconde dietro alla nostra esigenza di esprimersi. L’uomo, infatti, non può fare a meno di espandersi, e la necessità di comunicare ne è una delle testimonianze più spontanee e dirette. Tutto, intorno a noi, è un messaggio da decodificare, e la cultura, la formazione, il retroterra storico e sociale di ognuno fanno da filtri di questa operazione. Di qui la pluralità di risposte a stimoli sostanzialmente immutabili nella natura umana. Un esempio per tutti: l’amore. Non c’è forse tema più ricorrente, a tutti i livelli della nostra esperienza, della necessità di relazionarci agli altri. E qui nasce una prima domanda: è “amore” il fatto stesso di doverci confrontare con gli altri o se ne deve

 

 

 

 

parlare, in senso stretto, solo per un  rapporto più intimo? E quando si parla di relazionalità, che differenza c’è tra amore ed amicizia? Può l’amicizia essere intesa come una forma di amore? Il confronto con il mondo esterno, poi, con la natura ed i suoi molteplici aspetti, non può essere definito una emanazione della nostra capacità di amare e di lasciarci amare? Tante domande, tante risposte diverse ma, mi pare, un denominatore comune: l’impossibilità per l’uomo di ogni tempo di pensarsi come creatura a sè stante, isolata e paga della propria presunta autonomia.

Bene, detto questo la comunicazione letteraria, che più mi compete, è innanzitutto un punto di osservazione privilegiato per prendere coscienza delle costanti dell’animo umano, un palombaro in compagnia del quale scendere fino agli abissi del cuore umano. Mi è sempre piaciuto vivere così la letteratura, alla ricerca dell’ identità che accomuna tutti gli uomini di ogni epoca, e che emerge sempre e a tutte le latitudini quando, dismessi gli abiti mutevoli del nostro colloquio con la realtà che ci circonda, scendiamo in noi stessi e comunichiamo con l’Uomo che vive in ciascuno di noi, lo stesso da sempre. Quest’uomo, a mio avviso, non ha cessato mai di interrogarsi su alcuni temi di fondo che sono i grandi momenti di riflessione delle lettere e delle arti e che ora, per comodità ed ordine, elencherò, riservandomi in seguito il compito di commentarli per poi confrontarli con il messaggio di Gesù. Ci renderemo così conto che l’Uomo Dio non ha offuscato o falsato l’immagine dell’uomo, ma l’ha anzi pienamente rivelata e manifestata, offrendole uno stile di vita (la “buona novella” del Vangelo) che sta a noi accogliere o rifiutare. Sia che lo si accolga sia che lo si rifiuti, il mondo continua a seguire il suo corso. Cristo, infatti, non è venuto a spostare le montagne con la fede o a trasformare l’acqua in vino; non erano questi segni miracolistici che gli interessavano. Gli interessava l’uomo, il suo cuore, la sua anima, e lì ha lavorato per aiutarci a vedere la realtà in una prospettiva diversa, che è poi quella dei figli di Dio. “A quanti lo hanno accolto”, infatti, “ha dato il potere di divenire Figli di Dio”. Andiamo allora alla ricerca dell’uomo, come Diogene, cominciamo un viaggio nei meandri del suo cuore, un intreccio di strade battute da sempre anche dalla riflessione letteraria.

 

    Andrea